IL COMMERCIO ELETTRONICO. IL PRINCIPIO DELLA TERRITORIALITÀ DEL MARCHIO E DEL BREVETTO ALLA PROVA DI INTERNET
Per prima cosa esaminiamo le norme di riferimento:
IL QUADRO NORMATIVO:
Direttiva n. 2000/31/CE: Direttiva Europea sul Commercio Elettronico.
Decreto Legislativo n. 70/2003: attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato Europeo.
- Direttiva n. 2011/83/UE: Direttiva sui diritti dei consumatori recantemodifica delle direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e che abroga ledirettive 85/577/CEE e 97/7/CE.
- D.lgs. n. 21/2014: D.lgs. di recepimento della Direttiva n. 2011/83/UE.Con tale Decreto è stato modificato il precedente D.lgs. n. 206/2005(c.d. Codice del Consumo). Il Decreto in esame ha fissato alla data del13 giugno 2014 l'entrata in vigore di esso con riguardo ai soli contrattistipulati dopo tale data.
Il commercio elettronico (e-commerce) può prevedere la cessione di beni materiali o immateriali o la prestazione di un servizio con modalità elettroniche attraverso contratti stipulati spesso a distanza. Il perfezionamento del contratto avviene con una manifestazione di volontà espressa con mezzi elettronici senza che le due parti si incontrano personalmente.
La legislazione italiana prevede e norma due grandi tipologie di commercio elettronico:
- il commercio elettronico indiretto: si riferisce alla cessione ed alla consegna fisica di beni materiali, mediante l’utilizzo della “rete” che facilita la conclusione del contratto e consente il pagamento del corrispettivo. Il bene viene recapitato usando le vie tradizionali; ai fini IVA e fiscalmente, tali “negozi” si qualificano spesso come cessioni di beni;
- il commercio elettronico diretto: consiste nella cessione elettronica di beni virtuali o di servizi quali siti web, programmi, immagini, testi, informazioni, accesso a banche dati, fornitura di musica, film e giochi. Ai fini IVAe fiscalmente, tali operazioni costituiscono prestazioni di servizi. Qui la “consegna” in ultima analisi consiste nel trasferimento “di una fila di bit” da un sistema digitale ad un altro sistema digitale.
Con il paradosso che se io compro un programma registrato su cd compro un prodotto, cioè un bene materiale ….. se acquisto lo stesso programma scaricandolo, ho ottenuto invece la prestazione di un servizio. Questa distinzione fiscale non rileva ai fini della classificazione dei marchi.
PARTIAMO DAL COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO (es. Amazon)
Pochi sanno che i “negozi internet” non sono obbligati ad emettere fattura! Il commercio elettronico indiretto è assimilato, anche ai fini della disciplina IVA, alle vendite per corrispondenza.
Per tali fattispecie non è obbligatoria l’emissione della fattura, a meno che non sia espressamente richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, come disposto dall’art. 22, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/1972 che recita: “L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione: 1) per le cessioni di beni effettuate (…) per corrispondenza (….)”. Tuttavia L’art. 101, comma 2 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ha condizionato la previsione di non obbligatorietà della emissione della fattura sia al vincolo che il pagamento sia stato effettuato “con l’intervento di intermediari finanziari abilitati” (es. carte di credito), sia alla necessità della “presenza di idonea documentazione”. Ovvero il registro delle vendite (o dei Corrispettivi). Quindi se io mi accordassi per acquistare una macchina fotografica e pagassi con la spedizione di contanti in busta chiusa avrei violato le disposizioni sul commercio elettronico.
Lo stesso negozio con pagamento Paypal (basato su carta di credito) sarebbe assolutamente legittimo.
Lo stesso vale per lo scontrino fiscale. Le operazioni di Commercio elettronico Indiretto,infatti, non sono soggette all’obbligo di certificazione fiscale (mediante scontrino o ricevuta) ai sensi dell’art. 2, comma 1) del d.P.R. 696/1996. Dall’estratto dell’articolo si legge: “Non sono soggette all’obbligo di certificazione …(scontrino o ricevuta fiscale):.......... le cessioni di beni poste in essere da soggetti che effettuano vendite per corrispondenza, limitatamente a dette cessioni.”
Immaginiamo di dover fornire prova dell’uso di un marchio in Corea. Abbiamo ceduto dei beni e possiamo disporre delle generalità del soggetto acquirente. Queste non bastano a provare la vendita e l’uso del marchio in Corea. Per ottenere una prova valida il cedente deve poter fornire:
- Le generalità dell’acquirente
- La prova della spedizione del bene nello Stato designato
- Prova dell’apposizione del marchio sull’oggetto spedito
- Prova della contropartita monetaria
Quello che succede nella pratica è che la semplicità e le poche formalità richieste per il commercio indiretto possano privare il titolare del marchio delle informazioni necessarie per poter provare l’uso del segno distintivo ai fini ad esempio di evitarne la decadenza per non uso.
E’ bene quindi, fin dall’inizio, organizzare il negozio Internet per raccogliere questi dati.
Lo stato in cui l’uso verrà attribuito sarà quello di spedizione del bene indipendentemente sia dalla nazionalità dei due contraenti sia dal luogo in cui è stato stipulato il contratto.
IL COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO
Più difficile è il caso del cosiddetto commercio diretto. Per prima cosa viene da dire che nel commercio diretto non esiste l’esenzione dall’emissione dello scontrino fiscale, e della fattura.
Come si può immaginare, è piuttosto difficile individuare il “luogo di spedizione” di una canzone o di una fotografia. Quindi, a nostro avviso, il luogo di spedizione,che rileva ai fini dell’uso del marchio, é da trovarsi, se possibile, con l’individuazione dell’ubicazione del sistema informatico che ha scaricato i bit.
Se la cosa non è possibile,allora rileva ai fini dell’uso del marchio l’indirizzo del cessionario. Anche in questo caso, chi dovesse organizzare un negozio virtuale dedito al commercio diretto dovrebbe riuscire a Immagazzinare gli stessi dati richiesti per il commercio indiretto con in più la possibilità di richiedere l’ubicazione del sistema digitale di download. Quest’ultima cosa spesso non è possibile. Si pensi ad esempio a tutti sistemi portatili come telefonini, tablet o laptop. Quindi il domicilio del cessionario risulta l’unico punto di riferimento.
Questa posizione sull’individuazione del luogo di uso di un segno distintivo é armonizzata anche con la normativa fiscale: infatti, dal 1 gennaio 2015, il luogo di prestazione dei servizi elettronici resi a privati consumatori stabiliti nella UE é lo Stato membro dove si trova il consumatore anziché lo stato in cui si trova il fornitore. Prima del 2015 non era così.
I CONTRATTI A DISTANZA: Il luogo di perfezionamento dell’accordo
Esaminiamo ora alcuni aspetti del contratto di e-commerce, quindi di un contratto a distanza ove le parti non si incontrano, oppure se si preferisce si incontrano in quel “non luogo” che è il cyberspazio.
Un contratto si perfeziona con una proposta, ovvero una manifestazione di volontà a vendere (ad esempio) e con una corrispondente manifestazione di volontà all’accettazione dell’offerta.
Il luogo in cui viene perfezionato il contratto è generalmente ritenuto il luogo dove si trova il proponente nel momento in cui riceve notizia dell’accettazione della sua proposta.
Finché il proponente non ha notizia dell’accettazione il contratto non è perfezionato, secondo la migliore dottrina. Quindi a nostro avviso è sbagliato ritenere che il momento di perfezionamento del contratto sia quello dell’accettazione.
Nel commercio elettronico bisogna distinguere due casi. Il cosiddetto “BtoC” ovvero Business to Consumer, in cui il soggetto proponente - generalmente un’impresa (Business) - offre a un consumatore finale (Consumer) un prodotto. Il consumatore finale accetta e il proponente invia il prodotto al consumatore finale.
Ragioni di tutela del consumatore finale hanno orientato le norme a radicare eventuali controversie nel luogo di residenza del consumatore stesso, il legislatore ha stabilito che, in caso di controversie, si ritengono competenti la legge ed il giudice del luogo di residenza o domicilio abituale del consumatore (art. 14 d.lgs. 185/99, in attuazione della dir. CE 97/7).
La situazione, di conseguenza, risulta meno favorevole dal punto di vista delle imprese che intendono vendere on line i propri prodotti. Se è infatti l’azienda a volere citare in giudizio l’acquirente, è obbligata a farlo nel paese in cui questi è domiciliato, e d'altro canto l'impresa proponente potrebbe essere convenuta in tutti gli Stati europei in cui hanno domicilio i consumatori che hanno acquistato on line i suoi prodotti.
Questo in deroga al principio generale che vede la conclusione del contratto nel luogo ove il proponente ne prende conoscenza.
Differente è invece il caso chiamato “BtoB”,ovvero business verso business, quindi un accordo telematico impresa verso impresa. Qui valgono le regole generali del contratto, che vedono il luogo di perfezionamento come il luogo ove il proponente prende conoscenza della manifestazione di volontà dell’altra parte. Trattandosi di imprese, spesso con più sedi, si considera la sede principale del proponente.
Il luogo di perfezionamento dell’accordo rileva soprattutto in campo brevettuale. Si prenda il caso in cui si abbia produzione nel Paese A senza tutela brevettuale, consegna del prodotto nel Paese B senza tutela brevettuale ma luogo di conclusione dell’accordo tra due imprese Italiane l’Italia, provvista di copertura brevettuale. La giurisprudenza ha riconosciuto violazione del brevetto in caso di accordi di questo tipo. Ora, siccome quasi tutta la corrispondenza tra imprese si svolge per e-mail si comprende la portata “gigantesca” delle problematiche connesse con la conclusione di contratti a distanza capirete la portata “gigantesca” di queste problematiche.
Quindi la conclusione di contratti a distanza coinvolge, a nostro avviso, la maggioranza assoluta di tutti i negozi giuridici quotidiani che, ripetiamo, si concludono per posta elettronica.
Questo ruolo fondamentale è assolutamente trascurato dal legislatore, che ancor oggi applica a questi contratti norme ricavati dalle vendite “postali”, quali quelle del Postalmarket di buona memoria.
Questo a nostro avviso perché legislatori e giuristi non sono a loro agio nelle problematiche “digitali e di rete”. Per parafrasare un aforisma della rete “ci sono 10 tipi di giuristi: quelli che comprendono il codice binario e quelli no”.
Fabio Giambrocono
