Marchi storici vietati a chi delocalizza all’estero!
Si tratta della proposta di ddl nata sull'onda del “caso Pernigotti” e presentata il 26 febbraio alla Camera per «la tutela dei marchi storici nazionali di alto valore territoriale», il cui scopo dichiarato è quello di "evitare che le aziende italiane che hanno fatto la storia del tessuto produttivo italiano entrino nel portafoglio di aziende estere".
La proposta depositata è composta da soli sei articoli.
I "marchi storici" sono quelli di aziende nazionali produttive di eccellenza storicamente collegate a uno specifico luogo di produzione e la cui domanda di registrazione sia stata depositata da più di cinquant'anni.
Al Ministero dello Sviluppo Economico è demandato il compito di redigere e tenere un «elenco dei marchi storici nazionali di alto valore territoriale» che "riunisca le imprese nazionali che, a partire dal loro insediamento, si siano sviluppate in uno specifico sito di produzione italiano raggiungendo l’eccellenza nel proprio settore".
Viene anche istituito il Comitato per il controllo sui marchi storici di alto valore territoriale, con il compito di vigilare sui livelli produttivi degli stabilimenti principali delle imprese titolari di marchi storici e sulle conseguenze dell’eventuale apertura di nuovi stabilimenti in altre aree. A seguito dell’iscrizione nell’elenco, le imprese nazionali godono di una speciale tutela.
Il punto focale del provvedimento è però quello relativo allo stop all'utilizzazione di marchi da parte di acquirenti che, rilevando un'azienda, decidessero di spostare la produzione.
Chiunque decida di acquisire l'azienda sarà infatti vincolato a mantenerne la produzione principale nel comune in cui lo stabilimento produttivo era situato alla data di registrazione del marchio. In caso contrario decadrà dal diritto all'utilizzo del marchio stesso (Art. 5).
Le imprese iscritte nell’albo hanno la possibilità di aprire nuovi stabilimenti all'estero, purché -per la conservazione dei diritti sul marchio storico- venga mantenuta e non venga ridotta la produzione anche nello stabilimento principale in Italia.
I promotori dell'iniziativa hanno parlato di difesa del consumatore, "che deve sapere cosa compra e deve sapere se un certo prodotto è di una multinazionale straniera che spaccia per made in Italy cose che non lo sono"; se vuoi usare i marchi italiani devi produrre qui".
Nulla da eccepire. Ma che questo risultato si possa effettivamente raggiungere grazie alle previsioni e all'eventuale applicazione del nuovo ddl, purtroppo, non è detto.
